Come è nata la mia passione per il Vintage
- Sonia Leoni
- 21 nov 2023
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 10 apr 2024
Mi sono sempre sentita un’anima antica. Una vagante in questo mondo moderno dove tutto è velocità, fretta, corsa.
Sentivo spesso di essere fuori posto, di non appartenere a nulla e di desiderare ardentemente epoche passate, dove tutto, ai miei occhi giovani ed inesperti era meraviglia.
Sentivo la mancanza della lentezza, delle lettere scritte a mano, del cuore che batte veloce mentre la penna corre sul foglio ed il pensiero martellante di quanto tempo ci vorrà a far arrivare quella lettera ed ancora, a quanto ci vorrà per ricevere una risposta.
Dei tè pomeridiani in giardino con la bella stagione e davanti alla stufa o ad un bel caminetto scoppiettante in inverno.
Delle lunghe ricerche in biblioteca, tra libri polverosi colmi di sapere che attende solo di essere letto, sfogliato, amato.
Ovviamente non disdegno tutto ciò che è moderno, l’accesso a internet ci ha fornito la conoscenza a tutte le ore, accesso illimitato a milioni di informazioni. La comunicazione odierna spesso è molto efficace e la medicina e la chirurgia dei giorni d’oggi ha fatto dei passi da gigante e scoperto cure quasi miracolose. Non sto parlando di questo.
Parlo della nostalgia per la lentezza, dell’ammirazione verso i dettagli, le piccole cose, come per esempio le rondini che arrivano con l’inizio della primavera e se ne vanno verso ottobre lasciando il cuore colmo di tristezza ma di rinnovata speranza di rivederle il prossimo anno.
Delle foglie che diventano rosse e cadono, dei cachi che maturano sugli alberi.
Del profumo dell’inverno, della primavera, dell’estate e dell’autunno. Se diamo un occhio di riguardo al senso dell’olfatto potremmo osservare che ogni stagione ha il suo profumo.
Ed è stato proprio grazie all’attenzione ai dettagli, che è nato l’amore per il Vintage, il passato e le storie.
Avevo dieci anni la prima volta che cominciai ad interessarmi a quella splendida donna di cui mia nonna possedeva un ritratto appeso in salotto ( ritratto che mia mamma aveva fatto per lei come regalo)
Avevo sentito il suo nome milioni di volte, ed una sua foto era posizionata sul comò della camera di mia nonna, ma per qualche oscuro motivo, non ero mai riuscita a completare il nesso tra nome ed immagine.
Ma fu proprio lei, Gianna, che mi guidò verso il mio destino, fino ad oggi, fino a questo momento, a queste pagine, questo progetto, questa storia.
Giovanna, detta Gianna e poi dopo una straordinaria serie di eventi Jeanette, era la sorella di mia nonna Pierina. Una nonna che non si perdeva in smancerie e che cercava di mostrare il proprio bene verso i nipoti tramite la cucina.
Era una nonna severa, che non aveva avuto vita facile, ma nel suo essere, per me era semplicemente straordinaria. La nonna Piera, quella delle caramelle al miele e dei cinquanta barattoli di crema nello sportellino del bagno.
La nonna che non sapeva cosa fosse la pigrizia e che lavorava ininterrottamente dall’alba al tramonto, la nonna che aveva perso la sua splendida sorella, che amava come una figlia e che mai si era ripresa da quella perdita.
Piera e Gianna, tanto diverse quanto uguali e complementari. Dove l’una non arrivava l’altra spianava la strada e viceversa.
Gianna era la più piccola di una famiglia contadina della bassa Pianura Padana formata da sei femmine ed un maschio. Era una bambina sveglia, con grandi occhi castani ed un sorriso furbo che spiccava sul viso con i capelli tagliati a caschetto.
La vita di campagna le stava stretta, quella vita che seguiva inesorabilmente il ritmo della natura e l’amore verso ciò che spuntava dalla terra e cresceva, ma non era quello che voleva per lei. No.
Gianna era speciale, desiderava una vita d’avventura e con un lavoro che le piacesse, ben lontano da ciò che la campagna poteva offrirle.
Era nata verso la fine degli anni venti del novecento ed al tempo per le donne la vita era tutt’altro che semplice, non che oggi purtroppo, in alcune situazioni disdicevoli sia diverso, ma la sua condizione di donna era un fardello per lei.
Un fardello che però, in una giornata d’estate al compimento dei suoi diciannove anni, non le impedì di andarsene via di casa diretta verso una nuova ed avventurosa meta: Genova.
Per lei fu un cambiamento incredibile, era nata e cresciuta in campagna ed aveva deciso di andarsene in un’enorme città portuale, frenetica e ben lontana da ciò a cui era abituata. Ma Gianna voleva vedere il mare e sentire cosa si provasse ad immergersi in quell’acqua salata e profumata, a differenza di suo papà, a cui la vita al di fuori della campagna non interessava e che morì senza mai vedere il mare.
Si trasferì a vivere a casa di una sua amica e cominciò ad interrogarsi su cosa le piacesse davvero e la risposta sorprendentemente venne di lì a poco: la bellezza.
Amava tutto ciò che era bello, i vestiti, l’arte, i ristoranti di lusso, e le splendide donne di Genova che osservava sempre con ammirazione e mai con invidia.
Fu così che decise di iscriversi alla scuola di estetista, dove apprese i trucchi del mestiere e tecniche che ad oggi ci potrebbero sembrare forse obsolete, ma che all’epoca erano considerate molto più che avanzate.
Studiò anche la storia del make up fino a diventare quella che oggi considereremmo una “make up artist” provetta.
In poco tempo sviluppò un senso del gusto estetico incredibile, era sempre un passo avanti rispetto a tutte le altre donne. In un’epoca in cui le signore portavano i capelli lunghi e con boccoli e bigodini, lei portava i capelli corti alla maschietta ed i vestiti ben sopra al ginocchio, fumava e leggeva libri proibiti ed erotici e non aveva paura di dire quello che pensava, ma sempre con garbo ed educazione.
Partecipava a mostre e ad eventi esclusivi, riuscendo a conquistare tutti con il suo fascino, ed in breve tempo conobbe membri importanti dell’alta società con i quali divenne amica.
Fece anche diverse crociere con personaggi di spicco e famosi come Sophia Loren, Monica Vitti ed Alberto Sordi, di cui sono testimoni le foto dell’epoca.
In seguito poi aprì il suo centro estetico a Genova, un centro estetico enorme che divenne poi anche una scuola e di cui tutt’oggi conserviamo gelosamente le foto. Lo chiamò Jeanette, e la gente prese a chiamarla con questo nome. Tutti conoscevano il Jeanette e le agende degli appuntamenti di questo luogo magico erano sempre piene.
In breve prese il suo appartamento in una zona rinomata della città e lo riempì con gusto, mischiando antico e moderno ed acquistando insieme al suo compagno, un celebre avvocato dell’epoca, quadri splendidi e pezzi d’arredamento lussuosi e curiosi.
Mia mamma mi raccontò che aveva una cabina armadio enorme e che lei entrandovi si perdeva nelle sete, negli chiffon e nella morbidezza delle pellicce ( nessuno di noi ovviamente è favorevole alla crudeltà che si cela dietro gli allevamenti di pellicce, ma qui stiamo parlando degli anni 70, un’epoca dove i diritti degli animali erano inesistenti.)
Gianna le voleva molto bene, era incredibilmente affezionata a lei ed a sua sorella, non poteva avere figli e tutto il suo amore lo investiva in quelle due buffe bambine che sembravano lei da piccola.
Una curiosità delle donne della nostra famiglia è che da piccole siamo tutte identiche, sembriamo fatte con lo stampino e questa cosa è sempre stata molto curiosa e divertente.
Le viziava e vezzeggiava ed invitava spesso la sorella di mia mamma, che era la maggiore, a Genova, dove la spogliava letteralmente degli abiti comprati da Piera e la portava nella sua cabina armadio permettendole di scegliere tutto ciò che desiderava.
Per mia mamma e mia zia tutto ciò era un sogno, un sogno che ahimè, si concluse precocemente verso la fine degli anni 70, quando Gianna morì prematuramente di un male incurabile a soli quarantatré anni.
La sua morte lasciò un vuoto incolmabile nella vita di tutti, specialmente di Piera, che l’accudì fino all’ultimo momento della sua vita e non la dimenticò mai.
Il centro estetico Jeanette dovette chiudere, vennero rilasciati gli ultimi diplomi alle allieve che frequentavano la scuola e poi, di quel posto che era stato così magico, non si seppe più nulla. Si perse nei meandri della mente di chi lo aveva conosciuto e nella storia della città.
Nonna Piera si spense nel 2009 a ottantasei anni, ed anche lei, lasciò un vuoto incolmabile nella nostra vita, aveva cresciuto me e mio fratello e la sua scomparsa, ancora oggi, a distanza di tanto tempo, mi fa ancora soffrire.
Tuttavia, mi piace pensare che ora Piera e Gianna sono insieme da qualche parte, che sospinte dalle correnti stanno girando il mondo, e che sono più inseparabili che mai.
Il primo oggetto che capitò tra le mie mani appartenuto alla zia Gianna fu un vestito rosa, di chiffon, di una marca che oramai è impossibile leggere. Non sapevo al tempo che fosse suo, mia mamma era comparsa un giorno con questo splendido abito ed io lo avevo indossato per casa fino a che non mi era più andato bene. Mi faceva sentire come una splendida principessa.
Avevo si e no otto anni, e l’abito di mia zia Gianna mi andavano quasi bene. Era alta un metro e sessantacinque e pesava cinquanta chili, era magra di costituzione e purtroppo non ho ereditato questo tratto da lei.
Alla fine, quando crebbi e l’abito non mi si allacciò più, dovetti darlo indietro a mia mamma borbottando infelice, ma dovettero passare diversi anni prima che io le chiedessi da dove arrivava quel bellissimo abito rosa e lei mi portasse all’armadio delle meraviglie, dove tra stoffe lussuose e bigiotteria di altri tempi, ebbe inizio il mio amore per il Vintage.

Alcuni accessori e abiti sopravvissuti al tempo, i miei preferiti.
ps: le foto non hanno una risoluzione massima perchè sono state estrapolate da uno scritto fatto per un esame in università, non appena mi sarà possibile pubblicherò foto dalla risoluzione migliore.
Grazie per la comprensione.






Adoro il tuo modo di scrivere! È tutto così bello, è decisamente molto più bello vivere la vita facendo ciò che ti rende felice che facendo ciò che non ti piace! Infine volevo farti come sempre i miei più sinceri complimenti per i tuoi abiti sono meravigliosi!
Una storia bellissima raccontata tanto bene da avermi tenuta col fiato sospeso fino alle ultime parole! Le passioni si ereditano e tu hai il merito di saperle trasformare al meglio e di saperle attualizzare secondo i tuoi gusti (come testimonia il tuo bellissimo blog) 😍
Ma che bellezza!🤩🤩 l'articolo è scritto molto bene, sembrano le pagine di un romanzo, così come tua zia e tua nonna sembrano le eroine di un libro💗 tanto di cappello!
Credo che sia fonte di orgoglio avere delle origini così interessanti e particolari (dev'essere stato bellissimo per tua zia incontrare star come Sophia Loren, Monica Vitti e Alberto Sordi😍).
È sempre bello quando "ereditiamo" una passione dai nostri parenti.
E che dire delle foto finali? Secondo me sono perfette ❤